La foto qui di fianco dice tutto: quando ho avuto tra le mani il trofeo della RUR600 per il 3° tra i self supported, non ci credevo, anche se erano già passate tre ore dal mio arrivo a Forlì, dopo 591 km e quasi 11000 metri di dislivello. È stata una gara piena di sorprese: non voglio essere troppo prolisso, quindi cerco di fare un elenco.
Andare forte, si può
Dopo una Race Across Italy affrontata all'insegna del risparmio energetico, questa volta ho menato parecchio. Non è una cosa che mi riesce facile: mentalmente mi sento molto più a mio agio ad andature tranquille, e mi riesce più facile risparmiare watt mettendomi in posizione aerodinamica piuttosto che guadagnare secondi spingendo forte in salita. In questa gara ho abbandonato la mia comfort zone e ho pensato solo a dare il massimo. Alla fine delle prime 6 ore ero a 219 watt medi normalizzati, un'enormità per i miei standard, e i dati che trovate in fondo a questo post, se paragonati a quelli che potete vedere in merito alla RAI, parlano chiaro: qualche decina di watt in più. Questa è stata la prima sorpresa: basta un po' di forza di volontà, e si può andare forte.
Posso fidarmi di me stesso
Silvia (la mia compagna nella vita e nello sport, per chi non lo sapesse) era un po' perplessa dal mio umore man mano che la gara si avvicinava. Sembra che stai andando a fare una mediofondo, mi aveva detto. In effetti la RUR non mi preoccupava per niente. Da quando ho superato gli 800 km della Race Across Italy, tutto il resto mi sembra una passeggiata. Ho gestito l'avvicinamento alla RUR senza patemi d'animo: era una gara corta, nella mia testa. In passato ogni volta che mi capitava di ragionare così mettevo in moto una serie di pensieri di sicurezza, per evitare di sottovalutare la prova che avevo davanti. Questa volta no, questa volta ho dato libero sfogo all'istinto e ho fatto bene: i pensieri di cui ho bisogno adesso non sono quelli cautelativi che ho sfruttato finora. Ho bisogno di pensare che 600km siano davvero pochi per me. Ho bisogno di credere in me stesso, perché nei prossimi anni voglio alzare il tiro, e parecchio. Eccola qui, la seconda sorpresa: se credo in me stesso le cose possono anche andare bene. Ed è maledettamente liberatorio avere il coraggio di dire: Sì, ce la posso fare.
Le salite romagnole
In tanti mi avevano detto che questa gara era tosta, senza respiro, con molti strappi cattivi. Così cattiva, però, non me l'aspettavo: circa 25 salite, innumerevoli rampe, discese tecniche rese ancora più infide dal vento e dall'asfalto, a tratti in pessime condizioni. Che poi non sono salite normali, queste: un'ascesa da 2 km al 7%, qui, è spesso fatta da quattro o cinque strappi al 12 o 15%, seguiti da tratti quasi pianeggianti. Robe che dovrebbero essere illegali. Le sorprese, in questo senso, sono state innumerevoli, sotto forma di decine e decine di strappi in doppia cifra, che saltavano fuori quando meno te lo aspettavi.
Meglio male!
Uno dei personaggi più sderenati di Maccio Capatonda cantava Non va bene se le cose vanno bene: MEGLIO MALE! Ecco, paradossalmente questo passaggio intriso di poesia e saggezza funziona molto bene per me. Di base mi piacciono la pianura, le dolci colline e il clima mite. Non mi piacciono le montagne, non mi piace pedalare al freddo e odio pedalare al caldo. Se piove sto al riparo in soggiorno, e mi alleno sui rulli: a differenza di molti altri ultracyclist da questo punto di vista sono parecchio pigro. Eppure in gara sono sempre le condizioni più estreme a farmi guadagnare minuti e posizioni. Sono andato fortissimo sotto al diluvio del Montello, lo scorso anno. Vado forte di notte e, sempre nel 2020, ho superato 5 o 6 concorrenti sulle terribili rampe del Fedaia, al buio, durante la Dolomitica 380. La sorpresa, in questo caso, è stata ancora più grande: la combo caldo torrido e salite brutali mi ha esaltato e, nonostante un certo grado di sofferenza, nella seconda metà di gara ho guadagnato tanto su chi mi seguiva e raggiunto alcuni di quelli che mi stavano davanti.
Posso giocarmela
Prima di farle, queste gare, le seguivo da casa, con passione e facendo il tifo per questo o per quello. Molti degli atleti che seguivo, ora li ritrovo ai nastri di partenza insieme a me: gente che mi sembrava inarrivabile, alieni. Ancora l'anno scorso, partecipando alle ultrafondo (che rappresentano un po' la categoria di accesso al mondo dell'ultracycling, su distanze tra i 300 e i 400 km), guardavo chi primeggiava nelle gare più lunghe con un misto di timore e reverenza. La sorpresa è stata scoprire che invece me la posso giocare proprio con quegli alieni. Perché sono arrivato terzo tra i self-supported, ma addirittura quarto assoluto, battendo tutti i concorrenti con auto al seguito tranne uno dei più forti in Europa, l'austriaco Edward Fuchs.
Insomma, che dire? Che mi serviranno un paio di settimane per metabolizzare tutte queste sorprese, e che non vedo l'ora di puntare più in alto. Più forte e più lontano, questo è lo spirito dell'ultracycling.
Intanto mi godrò un po' di relax, con poche ore in bici, tanta pianura e un paio di cronoscalate, a partire dalla MF Riso&Vino di domenica 13. Come sempre, qui sotto vi lascio tutti i dati della mia Romagna Ultra Race, che potete trovare anche seguendomi su Strava:
- Lunghezza: 591,59 km
- Dislivello: 10698 m
- Altitudine massima: 1328 mslm
- Tempo totale: 27h22m50s
- Tempo in sella: 25h17m20s
- Velocità media: 21,6 km/h
- Velocità media sul pedalato: 23,4 km/h
- Velocità massima: 67,0 km/h
- Potenza media: 154 W
- Potenza media normalizzata: 190 W
- Potenza massima: 945 W
- Bilanciamento: 52,2% D - 47,8% S
- Frequenza cardiaca media: 136 bpm
- Frequenza cardiaca massima: 181 bpm
- Cadenza media: 78 rpm
- Consumo calorico: 14086 KCal
- Frequenza respiratoria media: 28 brpm
- TSS: 1125
PS: per capire quanto sono rimasto stupito da questa gara, a questo link trovate il video della mia intervista all'arrivo.
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