giovedì 21 novembre 2019

Le salite e la memoria

Il mio nuovo lavoro da Agente di Polizia Locale mi porta spesso a partecipare a varie cerimonie pubbliche, in rappresentanza del Comune per cui lavoro. Questa domenica mi sono ritrovato a portare il Gonfalone alla cerimonia commemorativa di una battaglia della Seconda Guerra Mondiale di cui, a dire il vero, non avevo mai sentito parlare: la Battaglia di San Martino.
Fino a pochi giorni fa per me San Martino era solo una salita da affrontare in bici, e nemmeno di quelle facili: una decina di km molto irregolari, con rampe oltre il 15% e, proprio in cima, una chiesetta e un paesaggio idilliaco.
Domenica invece ho scoperto che nemmeno 80 anni fa, intorno a quella chiesetta, sui versanti di quel monte che ho scalato in sella alla mia bici, si è svolta una battaglia cruenta. Ho scoperto che a pochi metri da dove ho pedalato con spensieratezza, preoccupato al massimo per cadenza e wattaggi, sono morti 38 ragazzi come me, ragazzi che invece di godersi il paesaggio e pensare alla prossima gara combattevano per la libertà contro i nazifascisti.
Tra quei partigiani c'erano persone di ogni tipo, con idee molto diverse: democristiani e comunisti, socialisti e monarchici, uniti dalla consapevolezza che soltanto in un mondo libero avrebbero potute esprimerle, quelle idee.
Mi sono commosso, alla cerimonia di commemorazione, perché a un certo punto mi sono reso conto che intorno a me c'erano persone proprio come quei soldati: di destra e di sinistra, atei e cattolici, italiani e non. Persone diverse, ma insieme.

Mentre la banda suonava ho pensato parecchio a me, alla mia vita: se oggi posso pedalare spensierato su e giù per le montagne, se posso vivere la mia vita affettiva e sentimentale come meglio credo, se posso dire quello che mi pare e scrivere queste righe, è anche grazie a chi si è sacrificato tre quarti di secolo fa.
Dovremmo pensare più spesso a queste cose, non dimenticare che la terra sotto alle nostre ruote è stata teatro di scontri ed orrori, di gesti eroici e sacrifici. Dovremmo rammentare che la libertà non è una condizione al contorno, che va difesa.
Dedicare un attimo di tempo al ricordo dei nostri caduti non costa nulla. Magari ci permetterà di apprezzare un po' di più ciò che abbiamo, di lamentarci un po' meno di quelli che chiamiamo problemi e che in realtà sono soltanto minuscole scocciature, godendoci con la giusta consapevolezza una salita alpina. 

venerdì 15 novembre 2019

Un GT spettacolare

Non ho mai capito se si tratta di un pregio o di un difetto, fatto sta che sono una persona che dice quello che pensa senza mezzi termini. Più di una volta mi è capitato di dare un giudizio negativo a gare e manifestazioni, e qualche volta mi sono sorbito pure le lamentele degli organizzatori.
Con questo post però non corro rischi, perché vi parlo di un campionato che ha superato ogni più rosea aspettativa: il Gran Trofeo Mediofondo.
Sarò breve, anzi telegrafico:

  • 8 prove, tra gli 80 e i 95 km, più che abbordabili per qualunque cicloturista ma avvincenti per chi vuol fare gara vera.
  • Percorsi con paesaggi e panorami piacevolissimi. 
  • Estrema attenzione alla sicurezza, anche grazie alla formula articolata in tre parti: tratto cicloturistico dietro auto, salita cronometrata del tutto chiusa al traffico e ritorno libero in stile randonnèe. 
  • Ristori sempre ben forniti, a volte addirittura sovrabbondanti. 
  • Organizzatori non solo disponibili ma capaci di coinvolgere i partecipanti, sul campo gara e sui social, con classifiche sempre aggiornate e foto professionali gratis di tutti ma  proprio tutti i partecipanti.
  • "Confezione" ben riuscita: logo, colori, gadget... Si vede che dietro a molti dettagli c'è stata una cura non comune, che alla fine ha reso il tutto accattivante.
  • Costi: nel 2019 l'iscrizione ad ogni singola prova costava 10€. Un quarto o un quinto di quello che costano in media le granfondo. E molte granfondo a cui ho partecipato sono lontane anni luce da queste "garette", sotto ogni punto di vista. Per il 2020 è previsto un piccolo adeguamento (tranne che per chi si iscriverà a tutte e 8 le prove), assolutamente sacrosanto alla luce dei punti precedenti e di quanto segue.
  • Atmosfera: forse è un parametro poco quantificabile, ma a tutte le prove del GT ho trovato un'atmosfera distesa, allegra e amichevole, assai lontana a quella che si respira in altre competizioni amatoriali. Il merito va ancora una volta alla formula azzeccata, agonistica ma non solo, competitiva ma anche godibile e divertente.
Ultimo punto, che merita una trattazione un po' più approfondita: la premiazione, che si è svolta sabato sera a Livorno Ferraris. Le premesse erano buone, ma sono rimasto basito di fronte a quello che gli organizzatori hanno messo in piedi: medaglia ricordo in metallo per centinaia di finisher, targa per tutti i premiati (7 per categoria) e in più, sempre per la top 7, bottiglie di spumante, occhiali NRC e parecchi altri gadget; per i vincitori maglia di campione e per il concorrente con meno punti in assoluto maglia nera. Tutte cose che restano, oggetti che magari ti ritroverai a guardare tra 20 anni e ti faranno balenare in mente un ricordo, un'emozione. Tutte cose che in certi circuiti granfondistici rinomati e costosi sono sostituite da cesti scarni di prodotti scadenti, solitamente offerti gratis dagli sponsor. Per chiudere in bellezza la serata, dopo la presentazione del calendario 2020, dal fronte ciclistico ci siamo spostati su quello mangereccio: aperitivo, due primi e dolce con ottimi prodotti locali. Anche la pancia vuole la sua parte... 
Che dire, in conclusione, a parte che (anche sforzandomi) non riesco a trovare qualcosa che non sia stato più che ben fatto, in questo campionato? Che un premiuzzo l'abbiamo portato a casa anche io e Silvia, rispettivamente terzo M1 e seconda W1. E che col GT ci si rivede l'anno prossimo! 

lunedì 4 novembre 2019

Heatmap e libertà

Ogni tanto, tra i commenti ai post che l'algoritmo di Facebook mi propone, saltano fuori le perle di saggezza dei ciclo-presi-male. Sono una categoria molto attiva, e sono sempre pronti a pontificare: il ciclismo vero è quello di una volta, contano le gambe, chi si allena col misuratore non sa divertirsi, io Strava non ce l'ho e chi lo usa è uno sfigato. Ma ce la fate, gente? Al di là del fatto che ognuno è libero di fare quel che vuole senza sentirsi giudicato da una mandria di pettegoli, io mica ho nulla da dire contro chi monta pedali flat su una bici in acciaio e non ha manco il computerino anni '90 col filo; anche se sono uno che si allena col misuratore, passa le ore su Strava e del ciclismo di una volta gliene frega relativamente poco. Viva la libertà, viva lo scambio, viva il confronto costruttivo, perché da chi è diverso si può sempre imparare. O almeno così la penso io.
Su una cosa, però, sono intransigente, perché credo che esista uno strumento tecnologico che ogni ciclista potrebbe apprezzare, che ad ogni pedalatore potrebbe tornare utile, che per tutti, ma proprio tutti, sia una gran figata: la Heatmap. Per chi non la conoscesse, si tratta una delle funzioni di Strava Summit, che permette di visualizzare tutti i percorsi su cui avete pedalato, evidenziando con sfumature diverse, dall'azzurro al rosso, le strade che battete di più.
Messa così non sembra nulla di che, ma provate a ragionare al contrario: tutte le strade grige, tutte le strade non evidenziate, sono strade ancora da scoprire. Salite, discese, lunghi rettilinei in mezzo alla pianura: ogni volta che apro la mia Heatmap mi perdo in quel dedalo di percorsi possibili, e scalpito dalla voglia di rimettermi in bici.  Perché intorno a quelle strade e a quei sentieri ci sono prati e boschi, paesi e montagne che non ho mai visto, e il desiderio di scoprirli, la voglia di calcare con le mie ruote quell'asfalto o quella ghiaia è irresistibile.
In quest'autunno umidiccio mi sono ritrovato tante volte a pedalare tra colline mai viste e risaie inedite, e quasi ogni giorno finisco per avere due schede aperte, sullo smartphone: una con la Heatmap, l'altra col generatore di percorsi. Un angolo di Monferrato, una straduzza nel biellese, tutta quella pianura in Lomellina ancora grigie sono uno sprone che la mia anima da gattaccio randagio non può ignorare. E allora traccio giri ipotetici, mi invento qualche scorciatoia e un mare di deviazioni, e non vedo l'ora che arrivi il weekend, per ritrovarmi immerso in quei paesaggi, ad ammirare dei panorami che, davanti all'app, potevo solo immaginare.

PS: volete fare un giro sul blog di un altro fissato con le Heatmap, che fa dei giri da paura e distribuisce pure kudos gratuitamente? Seguite Il Pippy, non solo sul blog, ma pure su Strava e Instagram!