venerdì 20 marzo 2020

Resilienza e quarantena

Eccoci qua: in poche settimane il nostro paese e il mondo intero si sono trovati catapultati in un incubo pandemico che nessuno si aspettava. Pensando a chi sta perdendo i propri cari, a chi sta lottando tra la vita e la morte, a chi lavora senza sosta negli ospedali, i problemi che possiamo avere noi altri, che al massimo ce ne stiamo sul divano a guardare serie TV, sono davvero poca cosa.
Poco importa se la stagione agonistica sarà del tutto stravolta, poco importa se non posso uscire a godermi il sole caldo della primavera, chi se ne frega se mi tocca pedalare sui rulli invece che tra i boschi e i prati fioriti.

Eppure... eppure i momenti come questo ci fanno capire quanto sono importanti le piccole cose, quanto la routine di ognuno di noi sia preziosa. Avrei tanto voluto correre le prime gare del GT Mediofondo, avrei davvero voluto fare i primi allenamenti sopra le 10 ore, in vista della Romagna Ultra Race. E forse non è così sbagliato soffermarsi a pensare per un attimo a ciò che l'epidemia ci sta portando via: il desiderio di normalità, infatti, può spingerci a fare tutto il possibile per ritornare alle nostre gare, alle nostre vacanze e ai nostri aperitivi.

Intanto siamo qua, tappati in casa come è giusto che sia. Io me lo vivo, questo momento, un po' come i momenti difficili che capitano in gara. Un po' come quando buchi o quando vai in crisi, quando piove o quando arrivi a quella salita che proprio non ne hai più. Sono i momenti in cui non basta resistere, ma serve sviluppare una strategia mentale alternativa. Serve resilienza: una caratteristica che non ha nulla a che fare con i watt, ma che tante volte fa la differenza.
Questa sfida, però, è ben più difficile: non dobbiamo superare una salita ostica o un avversario agguerrito, non ci basterà resistere per qualche ora al freddo o al mal di gambe. Si tratta di reggere per settimane, e il nostro obiettivo non è semplicemente tagliare un traguardo fisico: il nostro obiettivo, in questa lunga quarantena, è di riuscire ad approcciarci allo sport che amiamo in modo diverso dal solito, senza perdere la motivazione e senza lasciarci abbattere dal non poter vedere il frutto di tutti gli sforzi fatti fin qui. Dovremo dedicarci allo sport che amiamo senza pedalare all'aperto, continuare ad allenarci non sapendo bene quando si tornerà a gareggiare. E tutto questo mentre ogni ambito della nostra vita è sconvolto dalle restrizioni volte ad evitare il contagio. Mentre migliaia di persone sono in un letto d'ospedale.

Essere resilienti, in questo periodo, significa saper orientare i propri pensieri in modo da vivere positivamente e serenamente la bici (e la vita), nonostante la situazione drammatica che c'è là fuori. Il primo passo, secondo me, è iniziare a pensare alla mente come a qualcosa di allenabile e condizionabile. Perché posso allenare un bicipite e non il modo in cui ragiono? Non ci saranno dei pensieri che possono funzionare per il mio umore un po' come i manubri per la braccia? Io credo di sì. La serenità è una cosa che si conquista, esattamente come i buoni piazzamenti in corsa. Serve allenarsi, e un'occasione come questa è perfetta.
Ecco, in breve, cinque strategie mentali che personalmente trovo molto utili in questo periodo.

Punto primo: lagnarsi sta a zero. Non serve lamentarsi di situazioni che non posso cambiare. Sono in quarantena e non ci posso fare nulla: i se e i ma sono solo perdite di tempo, e accettare le condizioni al contorno mi fa risparmiare un sacco di fatica e pensieri negativi. È come quando piove: non serve pensare a quanto sarebbe bello se ci fosse il sole, serve prendere l'ombrello.

Punto secondo: obiettivi, obiettivi, obiettivi! Piccoli o grandi, a breve o a lungo termine, abituarmi a pensare spesso e in modo positivo ai miei target mi è di enorme aiuto. Un'ora di rulli, un libro da leggere, una lingua da imparare, lavorare almeno due volte a settimana sul gesto della pedalata, un TSS settimanale di 500, la gara di metà giugno (sarà finita per allora, no?), le ferie a fine agosto, il campionato che voglio fare nel 2021, un viaggio in bici per celebrare la fine della quarantena. Ogni obiettivo, ciclistico o meno, è benvenuto.

Punto tre: focalizzazione. Gli obiettivi sono solo parole. Per motivarmi, e soprattutto per sopravvivere serenamente a questo brutto periodo, cerco di passare dalle parole alle sensazioni. Chiudo gli occhi, e mi immagino lì, sul traguardo di quella gara, in cima a quella montagna, sul podio o semplicemente in vacanza, su una spiaggia assolata. Cerco di immedesimarmi il più possibile in quella situazione, cerco tutte le emozioni di quel momento. È quasi meditazione, e  mi carica tantissimo.

Punto quattro: novità. Trovo che essere aperti alle novità sia indispensabile, e anche questa è una qualità che va allenata. Per esempio, sono sempre stato molto, ma molto poco affine all'allenamento indoor. Anche a gennaio preferisco uscire e allenarmi all'aperto, forse perché non soffro particolarmente il freddo. In questi giorni invece mi son messo d'impegno. Mi sono detto: "Proviamoli, 'sti rulli, chissà mai che poi mi diverto pure". Mi sono dato una serie di obiettivi, mi sono sciroppato 16 ore di allenamento in 7 giorni, e alla fine mi sono divertito davvero. Con Silvia abbiamo ordinato dei rulli interattivi, e non vedo l'ora di mettermi su Zwift. Fidatevi, non avrei mai e poi mai pensato di trovarmi, un giorno, a scrivere una cosa del genere.

Punto cinque: fare il grande salto. Questo è il momento migliore per pianificare, e soprattutto prenotare, una grande impresa o un grande viaggio, perché c'è tutto il tempo per studiare, e il nuovo obiettivo è un bell'aiuto quando si tratta di mettersi sui rulli.
A questo proposito io la mia grande impresa l'ho scelta: ho fatto la preiscrizione alla Race Across Italy del 2021. La RAI è la gara che sogno almeno da 5 anni: 775  km no-stop, 10000m di dislivello in 48 ore di tempo limite. L'idea di trovarmi, tra poco più di 400 giorni, al via di questa manifestazione, mi fa sentire le farfalle nello stomaco. Perché guardare avanti è il modo migliore per superare i momenti bui. Perché bisogna ricordarsi, anche quando la notte è più scura, che il sole sorgerà di nuovo.

giovedì 5 marzo 2020

Il virus e il silenzio

Più passa il tempo, più apprezzo il silenzio.
Il silenzio di una pedalata solitaria, il silenzio di una salita che conoscono in pochi, il silenzio della natura e ancora di più il silenzio dei miei pensieri. Perché col passare degli anni, a furia di pedalare, di praticare lo Yoga e di meditare, i pensieri nella mia mente si sono fatti sempre meno affollati. Lo sport come piace a me, fatto di lunghe distanze e solitudine, mi ha insegnato ad estraniarmi, ad escludere istintivamente non solo i pensieri negativi, ma in generale i pensieri inutili. Mi ha insegnato ad ascoltare il mio corpo in ogni istante, da una parte per godermi tutte le sfumature che l'impegno fisico sa dare, dall'altra per analizzare a ciclo continuo i mille segnali che le gambe mi mandano.
Non pensare mi fa bene: mi posso godere i colori di questo assaggio di primavera, i profumi dei fiori, l'emozione di una discesa a picco sul lago.
Non fraintendete: non c'è nulla di poetico in tutto ciò, nulla che sia filtrato dalla classica retorica del ciclismo epico, del superare i propri limiti, del super-uomo a due ruote. La mia dimensione mentale, negli ultimi tempi, è un crogiolo che ribolle di sensazioni istintive, fisiche e non filtrate, nemmeno nella mia testa, dalla lente del linguaggio. Sensazioni in qualche modo ancestrali: il cuore che batte, le gambe che pompano, quel sentirsi lì, in mezzo al mondo.
Ogni tanto, nelle giornate di scarico, prendo la gravel e vado nei boschi. Mi fermo, tolgo le scarpe, mi siedo vicino a un albero, e lascio che tutte le impressioni di quel momento mi travolgano. Escludo tutti i filtri che il nostro mondo razionale ci impone. Sto lì per qualche minuto e i colori dell'erba secca, il profumo della terra che si risveglia, lo stormire delle fronde sopra di me mi regalano sensazioni così belle da essere commoventi. Sensazioni di cui ho sempre avuto un bisogno spasmodico, ma che non avevo mai avuto la fortuna, o il coraggio, di trovare.

C'è il Coronavirus, là fuori e le gare sono rimandate almeno fino ad aprile. C'è il Coronavirus, là fuori, e tutti ne parlano, tutti dicono la loro. Sapete una cosa? Io non sono un virologo e nemmeno un politico. Posso concedermi il lusso di non dire nulla, anzi di più, posso evitare di pensarci: formarsi un'opinione senza avere alcuna base è quanto meno un inutile spreco di energie.
Le gare non ci sono e mi basta sapere questo. Ho trasformato le settimane di tapering in settimane di scarico e test, per il resto gli allenamenti break-trough e recovery continuano ad alternarsi come sempre, come le salite e le discese, il giorno e la notte, l'estate e l'inverno.
Piuttosto che pensare a ciò che non posso cambiare mi prendo un po' di tempo per me, per cercare quelle cose che mi fanno stare bene, quelle sensazioni che mi fanno sentire vivo, quei posti così belli da non sembrare veri. Mi prendo del tempo per non pensare: chiudo la mente a questo oceano di stimoli ed informazioni che rende il mondo intero nevrastenico e infelice, e mi apro alla percezione pura, istintiva, naif e meditativa di una lunga pedalata tra i monti.