venerdì 7 agosto 2020

Come un pesce nell'acquario - 12h del Montello


La 12h del Montello, disponibile per i più coraggiosi anche in versione 24h, è stata una roba davvero estrema. La gara scelta dalla World Ultra-Cycling Association per assegnare i titoli di Campione Europeo Ultracycling sulle 12 e 24 ore ha davvero messo alla prova mente e corpo di chi si è schierato al via.
Per farla breve basta dire che, sulle 12 ore della prova "easy", 8 ore le abbiamo passate sotto l'acqua. Di queste almeno due in balia di un temporale con vento e tempesta di fulmini, così tanti da rendere inutili, in molti momenti, le luci che avevo montato su bici e casco. Già perché, dimenticavo, noi della 12 ore siamo partiti alle 8 di sera.
Agli atleti della 24 ore, comunque, è andata molto peggio, perché prima della tempesta si sono fatti 12 ore sotto a un sole cocente, con temperature prossime ai 36°, ma molto più alte a livello dell'asfalto.
Non è solo l'acqua, però, a motivare il titolo del mio post. Questa è stata la mia seconda gara di ultracycling e tutte le sensazioni del weekend non hanno fatto altro che confermare ciò che avevo già intuito alla Dolomitica 380: che in questo mondo mi ci trovo proprio bene. Il tipo di prestazione richiesto, l'allenamento necessario, l'atmosfera delle gare e l'approccio della stragrande maggioranza dei partecipanti e degli organizzatori non fanno altro che mettermi a mio agio. Alla partenza ero rilassato, durante la corsa concentrato, all'arrivo felicissimo; in ogni momento, anche under the storm, sentivo di essere esattamente al mio posto.
Ma bando alle ciance, ecco com'è andata... 
Siamo in una quindicina ad essere iscritti alla 12 ore, e parto per terzo, dietro al favorito Fabio Ciot e al vincitore dello scorso anno, Alessio Magarotto. Da subito o quasi imposto un ritmo regolare, che so di poter mantenere per tutta la prova. Dopo una decina di km mi supera Alessio Trabuio, partito un minuto dopo di me, ma non faccio neanche finta di reagire. Non guardo gli altri, io. Guardo solo il Garmin, e nemmeno tutto lo schermo, solo la potenza a 3 secondi e la potenza normalizzata media. Alla fine del primo giro supero Federico Caretta, che è in testa alla 24 ore. Scambiamo due parole (è un atleta che seguo e ammiro da tempo), poi formiamo una specie di coppia a distanza (nell'ultracycling il distanziamento era già d'obbligo prima del COVID, dato che c'è il divieto di scia) per tre o quattro giri. Sono i momenti più difficili, climaticamente parlando, le ore in cui si scatena la furia degli elementi. Menomale che ai box c'è mio fratello Sergio, che si rivela un assistente preziosissimo: segue alla perfezione quanto pianificato in merito ad alimentazione e idratazione, improvvisa alla grande quando si tratta di mantelline, antivento e batterie per le luci; soprattutto non manca mai di incitarmi e farmi sentire il suo supporto.
Proprio ai box recupero Trabuio, mentre verso metà gara (la concezione del tempo, quando fai certe cose, va un po' a quel paese...) supero anche Magarotto, fermo a causa di una foratura. Ma Alessio è uno che non si dà per vinto, mi riacchiappa subito e mi stacca. Sono comunque sul podio virtuale, e proseguo al mio ritmo. Tra un gel e una barretta mancano solo tre ore, sta albeggiando e come sempre i cicli circadiani mi danno una mano: sto molto bene e torno di nuovo vicino al mio diretto "rivale", se così si può dire. Infatti la cosa bella di questa disciplina, come ho già scritto più volte, è che dovendo affrontare prove così dure raramente il termine rivale assume il significato che ha negli altri sport: ogni potenziale avversario, di fronte a tutte quelle ore e quei km, si trasforma in un compagno di viaggio. Così, durante i pochi momenti durante i quali il regolamento ci concede di marciare affiancati, scambiamo qualche battuta, e poco importa che molte di queste riguardino l'incredibile ritmo di Fabio Ciot, che che ci doppia a velocità supersonica. Dal punto di vista tattico, nella lotta per il secondo posto, sono in vantaggio, essendo partito due minuti dopo Alessio: potrei rilassarmi e mantenermi a un centinaio di metri da lui, ma non ho riferimenti su Trabuio e gli altri concorrenti, che potrebbero rifarsi vivi. A due ore dal termine, quindi, decido di aumentare il ritmo, e da lì in poi non smetto di spingere. Gli ultimi km sono meravigliosi, perché ho tutto il tempo di realizzare che sto portando a casa un gran risultato, sicuramente il più importante che ho mai raggiunto. Taglio il traguardo felice come una Pasqua, e l'abbraccio col mio fratellino è un momento da incorniciare.



Dati, statistiche e numeri vari... La mia gara è durata 11 ore, 52 minuti e 45 secondi, di cui 11 ore, 44 minuti e 59 secondi in sella. 335,71 km coperti, con un dislivello un po' difficile da calcolare visto che, con la pioggia, l'altimetro barometrico del mio Garmin è andato a quel paese: in ogni caso, tra i 4 e i 4600 metri. 28,6 km/h di velocità media e 202 W di potenza media ponderata a una frequenza cardiaca media 143 bpm medi. Potenza massima espressa 913 W, bilanciamento della pedalata 50,6% destra, 49,4% sinistra, con cadenza media 79 pedalate. Come sempre c'è tutto su Strava.
E questo, in sostanza, è tutto. Adesso, dopo questo podio meraviglioso, mi godo qualche giorno di tranquillità, prima di iniziare a pensare alla prossima avventura... L'UltrApuane: 350 km e 7000 m di dislivello con partenza dalla splendida città di Lucca.


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