sabato 29 dicembre 2018

Vittoria Bussi, questa sconosciuta


Scommetto che tutti sapete chi sono Bradley Wiggins, Rohan Dennis e Fausto Coppi. E almeno il 30% di voi sa dal record dell'ora di Moser, nell'84. Se siete giovani ne avrete sentito parlare, se siete un po' meno giovani vi ricorderete di quale eco mediatica ebbe a suo tempo. Scommetto, però, che neanche il 15% di voi sa qualcosa di Vittoria Bussi, e che fino a qualche giorno fa la percentuale sarebbe stata molto più bassa. Eppure Vittoria, il 13 settembre, ha fatto proprio quello che hanno fatto anche Coppi, Moser, Wiggins e Dennis: ha conquistato il record dell'ora, ad Aguascalientes, in Messico, percorrendo 48,007 km in un'ora. Nessun servizio al telegiornale, ben poche interviste, al massimo qualche breve trafiletto, almeno fino a qualche giorno fa, quando il Corriere della Sera le ha finalmente dedicato una corposa intervista
Perché la sua impresa è passata sotto silenzio? Perché è un'impresa al femminile, innanzitutto, e sappiamo bene quanto lo sport in rosa fatichi a trovare un minimo  di spazio in questo paese. Perché il ciclismo su pista non se lo fila nessuno, e di conseguenza nessuno si fila gli anni di sacrifici e di fatica di chi si dedica a una disciplina tutt'altro che facile, in un paese dove non ci sono manco i velodromi.
Ok, direte voi, non sarà conosciuta dal grande pubblico, Vittoria, non sarà finita più di tanto sui media, ma avrà pure la sua squadra, i suoi sponsor, sarà un'atleta professionista e ben pagata. Invece no. Primo perché il professionismo, a livello femminile, non è riconosciuto in Italia, secondo perché, come racconta nell'intervista, la squadra se l'è fatta lei insieme al fidanzato, e i possibili sponsor guardano più ai follower su Instagram che ai risultati in pista. Tranne alcuni partner  prevalentemente tecnici le spese sono tutte a suo carico: migliaia di euro per il passaporto biologico, altre migliaia per spostarsi ed allenarsi. E qualche sponsor minaccia pure di mollarla, dato che sui social non ha grandi numeri. Nel marketing di oggi vale di più un'influencer che tira fuori le tette, insomma, di qualcuno che sta scrivendo la storia del ciclismo.
Io Vittoria la seguo da un anno, ma l'ho conosciuta solo per caso: me ne ha parlato la mia compagna, Silvia, che è ambassador per LIV, unico marchio 100% dedicato alle donne e tra i pochi sponsor su cui Vittoria può contare. Eppure ci sono tanti altri ragazzi e ragazze come lei, là fuori, che meriterebbero sostegno, che si fanno il mazzo, che hanno storie incredibili da raccontare. 
Cosa voglio dire, con questo post, che il mondo è brutto e cattivo, che tutto ciò non è giusto? Bella novità, non mi basta essere così banale. Voglio aggiungere qualcosa al discorso, se no tanto valeva repostare l'articolo del Corriere. Voglio chiedermi: cosa posso fare per dare una spintarella nella giusta direzione, cosa possiamo fare per dare una mano a tutti quegli atleti che come Vittoria fanno grandi cose, ma che restano nell'ombra, cosa possiamo fare per quelli che non hanno i mezzi, e che in questo sistema malato si vedono fregati dal gonzo di turno, che non sa cos'è una guarnitura ma ha comprato 10mila followers?
Per prima cosa seguire Vittoria su Instagram e Facebook, poi cercare altri uomini e donne come lei, che inseguono i sogni e si sbattono per trasformarli in realtà. Ma poi, possiamo non limitarci ad un freddo like, a uno share sulla fiducia. Possiamo approfondire. Possiamo perdere qualche minuto per capire cosa fanno veramente, per incitarli, per interessarci a tutte le storie incredibili che lo sport ci offre, per scegliere un prodotto anche in base alla strategia pubblicitaria che c'è dietro. Usare i social con un po' di testa, un po' di curiosità e di spirito critico, perché in fondo siamo noi il grande mare in cui pescano i brand, il grande pubblico a cui si rivolge il marketing. È un vecchio detto, ma forse ha ancora senso: cambia te stesso, e cambierai il mondo

venerdì 21 dicembre 2018

Tra ghiaia e moda: il fenomeno gravel non è come gli altri


L'altra mattina YouTube mi avvisa di un nuovo commento di un utente sotto al video I 9 motivi per cui ho comprato una gravel-bike. Vado a leggerlo: il tizio in questione, nickname Edo, suggerisce una motivazione in più: "10) sono un fighetto e il marketing, ancora una volta, ha fatto breccia". Non ci metto molto a rispondergli che sì, in effetti sono un fighetto e il marketing mi piace pure, quindi probabilmente sono anche una brutta persona, ai suoi occhi. Poi però ci ragiono un po', sul marketing e sul fenomeno gravel, e adesso vi spiego perché credo che questa moda sia diversa dalle altre.
Prima cosa: Edo sottintende che la filosofia gravel sia stata pompata dalla pubblicità, e questo è sicuramente vero. Ora: il marketing non è una novità, e non lo sono nemmeno quelli che disapprovano l'inventiva, l'abilità e la creatività di chi si occupa di vendere, snobbando le migliaia di persone che con la pubblicità ci campano, come con qualsiasi altro lavoro. Beati loro.
Seconda cosa (quella più importante): dietro ad ogni moda c'è sempre un prodotto, ed è la validità del prodotto a determinare successo e durata di quel trend. A fine '800 i manifesti murali promuovevano dei trabiccoli a due ruote dotati di pedali, e in molti sicuramente avranno gridato all'ennesima moda passeggera. Invece, a distanza di un secolo e passa, le biciclette le usiamo ancora; e se siamo qui a parlarne è proprio perché il prodotto era valido. Al contrario, pensate Google Glasses. Chi se li ricorderà tra vent'anni? Nessuno, perché nonostante l'enorme campagna di marketing, non erano un prodotto valido.
Ecco, secondo me la gravel, intesa sia come tipologia di bicicletta che come filosofia, non è solo un prodotto valido: è soprattutto un prodotto che trova la sua validità nell'essere concettualmente molto lontano dalla gran parte dei trend ciclistici degli ultimi vent'anni. Vi spiego perché con un altro esempio di flop: le Fat Bike. Bici che hanno goduto di tre o quattro anni di fortuna globale, ma che in origine erano pensate per muoversi su sabbia e neve. Un prodotto estremamente settoriale, quindi, pensato per un uso molto specifico, esteticamente accattivante ma ben poco adatto a qualsiasi uso "normale". Il mondo della bici, da decenni, si muove proprio così, proponendo prodotti sempre più specifici per creare nuove nicchie di mercato. La bici da strada si è evoluta in modelli da salita, endurance, aero, all-arounder, mentre le mountain bike, in pochi anni, si sono trasformate in XC, trial, enduro, downhill, hard-tail o biammortizzate. Lasciamo perdere poi, il mondo della componentistica, che solo tra i tipi di ruote c'è da perdere la testa.
Tutta questa premessa è per arrivare a dire che la gravel, come bici e come filosofia, è l'esatto opposto di tutto ciò. È una bici che va bene per fare tutto: strada o sterrato, lunghi viaggi o tragitti urbani, gare di ciclocross o passeggiate domenicali. È una bici che nasce cheap, robusta ed economica, ma che può anche essere ricercata e fighetta. Può piacere al rude boscaiolo come al fashion blogger. È il contrario di una nicchia di mercato.
Anche la filosofia gravel sembra diversa dalle altre, perché è inclusiva anziché esclusiva. Bici in acciaio recuperate e riadattate, marchi sconosciuti e grandi case produttrici, mezzi da 700€ e da 7000, manubri dritti, manubri drop, manubri di ogni forma e dimensione, va bene tutto e tutto è bene accetto negli eventi gravel. Lo stesso vale per le persone, perché a questo nuovo fenomeno si avvicinano bikers esperti, granfondisti, neofiti indecisi, randonnèur, turisti da lunghe distanze e gente che cerca semplicemente un mezzo per spostarsi da casa al lavoro. La gravel alla fine è la bicicletta che torna alle origini, a quando una bici era solo una bici e ci facevi di tutto; non per niente, anche a livello di geometrie, molti modelli ricordano da vicino le biciclette dei tempi di Coppi e Bartali, quando le salite non erano asfaltate e le tappe del Giro d'Italia erano lunghe 300 km.
Certo, direte voi, ma adesso stanno già inventandosi coperture specifiche da gravel, abbigliamento specifico, sospensioni specifiche, è tutto un marketing, tutto un modo per far soldi. Io dico che mi va benissimo se c'è più scelta, se posso spaziare tra un sacco di soluzioni e prodotti diversi, se posso approntare la mia gravel-bike per ogni evenienza. E dico anche che non c'è nulla di strano nel fatto che la gente se li inventi, questi prodotti specifici, perché di qualcosa dovrà pur campare. Non sono snob.
La gravel, nella sua concezione resta un mezzo semplice, versatile, personalizzabile, buono per tutti gli utenti e per tutti gli usi. Ed è per questo che, vedrete, sarà tutt'altro che una moda passeggera.
PS: Visto che sono una brutta persona, un fighetto che pensa solo ai soldi, iscrivetevi al mio canale YouTube, cliccate mi piace sulla mia pagina Facebook e iscrivetevi al feed di questo blog, chissà mai che ci guadagno qualche centesimo. E seguitemi su Instagram: soldi, fama, likes, followers, money, forza gente! 

sabato 15 dicembre 2018

2019 - Work in progress

Ricordi dell'estate: fine giugno, Courmayeur, Granfondo La Montblanc. Eravamo belli e magri... Tutte le mie foto le trovate su Instagram @mariofavini 

Il Natale si avvicina, con il tradizionale carico di carboidrati complessi, zuccheri e parenti molesti. I buoni propositi vacillano, la bilancia spaventa, le crisi familiari incombono e il rischio di crollo nervoso si fa concreto. L'amatore medio pensa alla nuova stagione, è in astinenza da competizione, pianifica, progetta, e già gli sembra di percepire nell'aria il profumo della primavera, allucinazione olfattiva tipica di chi passa più di quattro ore a settimana sui rulli.
Ma le ferie sono anche il momento giusto per pianificare il 2019, e pure io sto iniziando a chiarirmi le idee. 

Il mantra dell'anno nuovo sarà: ampliare gli orizzonti. Il mio 2018 è stato un anno 100% orientato alle granfondo: picchi di forma pianificati, uscite mirate, lavori specifici, tapering calibrato. I risultati sono arrivati alla grande (una volta sono addirittura arrivato settantaduesimo! 🤣), è stato un anno intenso e bellissimo, ma ho voglia di cambiare un po'. Nel 2019 mi darò qualche obiettivo in meno dal punto di vista agonistico, e qualcuno in più sul fronte delle esperienze.
Sicuramente ridurrò il numero delle granfondo: 8 o 10 invece di 14. Niente gare in Liguria e un solo campionato invece di due: credo che mi iscriverò alla Coppa Lombardia, dopo tre anni di Coppa Piemonte, e a qualche gara sparsa, con Gavia-Mortirolo e magari La Fausto Coppi come prove "epiche", ammesso che con il lavoro tutto questo sia fattibile... E qui potremmo aprire un'altra lunga parentesi sulle tribolazioni del granfondista medio, che si deve arrabattare tra aspirazioni corsaiole e mercato del lavoro precario, incerto e incasinato.
In compenso sono tre le direzioni che voglio prendere al di là delle gare: esplorazione, viaggi e lunghe distanze.
Esplorazione perché ho una gravel bike che mi aspetta in garage e un sacco di strade,  sentieri e tratturi da scoprire. Tra boschi, colline, laghi e canali, di bei posti a due passi da casa c'è n'è a volontà. 
Viaggi, magari non su grandissime distanze, magari anche solo per un weekend o poco più, ma alla ricerca di paesaggi nuovi, di itinerari poco battuti, del silenzio e della pace tra boschi e campagne.
Lunghe distanze, una delle cose che negli ultimi due anni ho un po' tralasciato: ammesso e non concesso che il lavoro me ne lasci il tempo, vorrei tornare a fare le 10, 12 ore in sella, e provare magari ad avvicinarmi alle gare e agli eventi su kilometraggi maggiori rispetto alle granfondo.
Ovvio che tutto questo sarà documentato e raccontato sui social: su Instagram troverete le foto dei posti che scoprirò, su Strava le tracce dei giri, mentre su YouTube e su questo blog vi racconterò il tutto più nel dettaglio. 

Bella lì, dai, si preannuncia interessante questo 2019. Sono anche un po' impaziente, visto che sono ancora fermo, e a un mese e mezzo dall'incidente non sono ancora risalito in bici... La bella novità è che il polso era rotto. Non si vedeva dalla prima lastra, perché la frattura era piccola, ma adesso che l'osso s'è risaldato si vede eccome. Nel frattempo ho quasi sistemato la bici, l'assicurazione dovrebbe liquidarmi nei prossimi giorni i danni tecnici e attendo con ansia il medico legale per la perizia di quelli fisici e per poter tornare in bici. Ho già collezionato un gran faldone di carte e impegnative, e mi sono fatto un bel po' di esami e di ore in coda... Anche su queste peripezie burocratiche farò un video o qualcosa del genere, quando sarà tutto finito. Ci vorrà ancora un po', eh... Prossimi passi TAC e visita dell'ortopedico; mi sa che da qui all'anno nuovo l'unico sport a cui mi dedicherò sarà lo slalom tra i panettoni... 

martedì 11 dicembre 2018

Varese Van Vlaanderen, i nuovi percorsi


Ne ho parlato nel mio ultimo video, è stata una delle sorprese più belle della stagione ciclistica 2018, ed è un evento da non perdere: è la Varese Van Vlaanderen, il Fiandre Varesino, una randonnèe sulle strade che non ti aspetti tutta ispirata alle grandi classiche del Nord Europa, alla scoperta di paesaggi idilliaci, muri spaccagambe, paesini nascosti e impervi ciottolati.
La VVV è la randonnèe più partecipata della provincia di Varese, con 1400 finisher lo scorso anno: per il 2019 si rinnova, con un passaggio inedito e la possibilità di scegliere un percorso corto, da 55 km, alla portata di tutti, anche di chi ha pedalato poco in inverno, dato che si terrà il 7 aprile.
Il medio e il lungo restano invece impegnativi e soprattutto divertenti, praticamente senza un metro di pianura: 106 km, 1683 m D+ e 19 muur per il medio, 136 km, 2092 m D+ e ben 30 muur per il lungo. I percorsi e tutte le info le trovate sul sito della manifestazione, dategli un'occhiata e fateci un pensierino, vi assicuro che non resterete delusi. 

L'anno scorso la VVV l'ho affrontata nel pieno spirito rando: né forte né piano, ma sempre lontano. Quindi andatura allegra ma non esagerata, tante chiacchiere con Ale e Silvia che erano con me, qualche foto e tutto il tempo di guardarsi intorno. Un po' una novità per uno come me, fissato con tabelle, allenamenti e granfondo a tutta. Ecco forse è stato proprio il Fiandre Varesino a farmi venire voglia di cambiare un po', o meglio di aggiungere al mio modo competitivo di vivere la bici un approccio più rilassato, più tranquillo, più orientato all'esperienza che alla prestazione. È con questo mood che vi consiglio di vivere la VVV, non solo perché come in tutte le rando non c'è classifica, ma anche perché i muur (tipo quello terribile della foto qui sotto) si fanno sentire, e prendere sotto gamba il percorso non è affatto una buona idea... 


Già che ci sono aggiorno il bollettino medico, 38 giorni dopo l'incidente: polso ancora dolorante, tra tendinite e probabile microfrattura, quindi ancora niente bici, ma tante camminate...  Domani ecografia ed esito della seconda RX, nel frattempo è uscito il perito dell'assicurazione per la bici, quindi posso iniziare a sistemarla... Intanto cammino e penso a dove pedalerò l'anno prossimo... 

mercoledì 28 novembre 2018

Le 5 granfondo più belle del 2018

Le 5 granfondo più belle tra le 14 a cui ho partecipato quest'anno. Percorsi, organizzazione e territorio fanno di questi eventi delle belle occasioni non solo per gareggiare, ma anche per un weekend o una piccola vacanza. Alla fine del video un evento extra, non competitivo, ma davvero affascinante.


mercoledì 21 novembre 2018

Pausa forzata


Prima o poi succede a tutti. Prima o poi ti capita di dover staccare per un po' dalla bici. Un paio di settimane in autunno perché lo prevede il tuo programma di allenamento, una decina di giorni per maltempo, quindici giorni perché sei in ferie, o perché sei incasinato al lavoro. 
Se sei sfigato come me fai un incidente, e il periodo di pausa può allungarsi parecchio.  Che poi mi è andata bene, eh, nulla di rotto, per carità... Però per un po' zero bici...
Per me (e penso per molti altri), non è mica facile affrontare la pausa mantenendo intatta la sanità mentale: fino al giorno dell'incidente ho passato più di tre quarti del mio tempo libero in bici e nell'altro quarto alla bici ci stavo comunque pensando. Così adesso mi trovo un po' spiazzato, decisamente spaesato, completamente perso.
Cosa faccio quando ho un pomeriggio libero, o un'intera una domenica, o addirittura un weekend? 

Per due fine settimana me la sono cavata con i pranzi della mia squadra (date un'occhiata a quanti eravamo!) e con la premiazione di Coppa Piemonte, ma adesso? Oltre a mangiare il prosciutto crudo da 6 kg e mezzo che spettava al secondo di categoria del campionato, oltre a pensare alle gare del prossimo anno, oltre a pianificate gli allenamenti, cosa mi resta?

La bici da gravel ce l'ho ancora ferma in garage, altri sport non posso farne perché sono ancora convalescente, a parte gli scacchi e la dama. Ma sono una pena a scacchi, e anche a dama. 
Mi butto sui lavori domestici? Bricolage, imbiancatura, taglio siepi? Vivo in un appartamento minimal, supernuovo, con una donna che è molto più uomo di me in tutto ciò che riguarda brugole e cacciaviti. E ho un balcone, non un giardino. 
I social? Più di così non posso, tra Facebook, Instagram, YouTube e adesso anche il blog è già un mezzo lavoro. 
Bisboccia con gli amici? Sono asociale. 

Però i social possono essere un buon punto di partenza, e sai perché? Perché questo momento di pausa, queste ore libere extra, le sto usando proprio per tutte le cose meno social tra quelle che amo, per tante cose che ultimamente avevo messo un po' da parte per fare spazio alla bici e a tutto quello che ci gira intorno.

Leggo. Su libri cartacei e possibilmente vecchi. Leggo anche Topolino, Quattroruote, e robe del genere. 
Ascolto musica. Era una vita che non mi riascoltavo qualche playlist jazz, o un po' di classica, e mi mancava.
Cucino. Perché mentre io poltrisco la mia dolce metà pedala, quindi se posso mi rendo utile in casa, con qualche ricetta paleo (prima o poi te ne parlerò, della dieta paleo). 
Scrivo. Dopo sette o otto anni con la creatività ridotta a zero, ho ricominciato a buttare giù qualcosa di mio. Una volta lo facevo anche per lavoro, ora solo per piacere.
Guardo telefilm. Che può sembrare una cosa del tutto normale, non fosse che da marzo a luglio, nel periodo clou delle gare, non ho guardato neanche una puntata di nessuna serie tv... 
Soprattutto passeggio, che è l'unica attività fisica che faccio. Scoprire gli angoli nascosti della natura, gli scorci a pochi passi da casa, è meraviglioso, e ancora più bello è guardarla scorrere piano, la natura, fermarsi a contemplare una barchetta abbandonata in riva al lago, i mille colori delle foglie d'autunno, la nebbia fredda che aleggia sui prati. Passeggio da solo, pensando ai fatti miei, e mi accorgo di quanto è importante, di quanto mi faccia star bene, in un mondo che ha paura della solitudine, che è terrorizzato dai pensieri. 

Lentezza, creatività, arte, solitudine:  cose da riscoprire, dopo un anno tutto di corsa, tra lavoro, sport e famiglia, dopo un anno all'insegna del dovere, o al massimo del dover correre per poter fare ciò che mi piace. 
È il momento di rallentare. Di guardare le cose da un altro punto di vista, di cambiare prospettiva. Male non può farmi, anzi  ho pure il sospetto che sul lungo periodo tutto ciò mi farà un gran bene, anche ciclisticamente parlando. E poi... Non ho altra scelta! 

lunedì 5 novembre 2018

Come evitare gli incidenti

Eliminare il rischio di incidenti è impossibile, ma ci sono tante piccole cose che possiamo fare per ridurre la possibilità di farci male. 11 consigli in 8 minuti per pedalare in sicurezza.


martedì 30 ottobre 2018

Come scegliere la squadra giusta

L'autunno è il momento delle scelte, e trovare la squadra giusta è un passo importante per iniziare bene la nuova stagione. 10 consigli per trovare l'ASD che fa per voi e non rimanere delusi!


martedì 23 ottobre 2018

Itinerari d'Autunno: le Colline Novaresi

Strade poco trafficate, bei paesaggi, relax e magari un po' di sole. Lo stradista ha bisogno di questo, in autunno. Con questo post vi propongo la prima di tre o quattro zone che magari non avete mai bazzicato, ma che sono perfette per la brutta stagione. Le altre le descriverò prossimamente, se no i post diventano troppo lunghi... 
Allora partiamo subito con uno dei luoghi che amo li più: le Colline Novaresi. 


A chi vive dalle mie parti (abito a Sesto Calende, proprio in fondo al Lago Maggiore), viene spontaneo pedalare verso nord, lungo le sponde del grande Lago e alle pendici del Mottarone, ma quando arriva l'autunno ed inizia a fare freddo preferisco andare a sud, sulle colline del medio Novarese.

Tra il Lago e le Vigne

La prima zona che vi consiglio è un quadrilatero ideale tra Oleggio e Momo, a sud, Arona e Borgomanero, a nord.


Si tratta di un territorio tutt'altro che omogeneo: la zona a sud, fino all'altezza di Veruno, è fortemente agricola. Qui prevalgono vigne e campi, i boschi sono pochi, quindi il sole non manca, e spesso le temperature sono più alte che nelle zone circostanti. I campi tra Oleggio e Momo, le vigne sulla strada che collega Mezzomerico a Suno, le brughiere intorno a Vaprio d'Agogna e gli ampi prati di Bogogno e Agrate Conturbia, danno il massimo con la luce calda di questa stagione. I colori dei campi dissodati, le foglie rosse e gialle delle viti e degli alberi sono un piacere per gli occhi, mentre il tipo di percorso, un continuo mangia e bevi senza strappi veramente duri, è quello che ci vuole a fine stagione.



Più a nord le cose cambiano: i boschi tolgono un po' di luce e alcuni tratti si fanno leggermente più impegnativi, anche se siamo sempre soltanto in collina. A collegare Gattico, Arona, Maggiate, Veruno e tanti altri paesini troviamo un dedalo di strade e stradine, tra casolari abbandonati, scorci che ricordano la Toscana, boschi e prati. Da non perdere la SP19 e la SP89, che collegano Gattico, Oleggio Castello e Comignago, tra campi e vecchie cascine. Sono tra le mie strade preferite in assoluto, e se vi piace fermarvi e fare qualche foto gli scatti per Instagram sono assicurati.

Tra il Sesia e l'Agogna 

Potremmo andare nel Vergante, appena più a nord, ma non sono zone che consiglio quando le temperature calano e si vuole staccare un po' la spina: non saliremmo in quota, certo, ma affronteremmo salite dal vago sapore alpino. 


Spostiamoci a Ovest, invece: qui, tra il fiume Sesia e il torrente Agogna troviamo un territorio che è una vera palestra per il ciclismo. Le colline tra Fara Novarese e Barengo, a sud, e tra Grignasco e Maggiora, a nord, sono attraversate da almeno cinque strade, diverse tra loro per paesaggi e difficoltà. Più a nord, volendo, le colline si trasformano in montagne, tra il Passo della Cremosina e quello della Colma, ma nella brutta stagione forse sono più godibili i percorsi della zona meridionale di questo triangolo d'oro del ciclismo novarese. 
Gran parte di questa zona è compresa nella Riserva Naturale delle Baragge: di fatto si tratta di un grande altopiano, che si eleva di qualche decina di metri sulle pianure circostanti. Campi coltivati, torbiere, boschi e un ambiente piuttosto secco che, non sto scherzando, ricorda un po' la savana africana. Se il cielo è terso, all'orizzonte il Monte Rosa svetta immenso, mentre ai lati della strada asfaltata ci sono così tanti sentieri e mulattiere da farci venire voglia di gravel. Le strade che preferisco, qui, sono quelle tra Fara e Barengo, quella che congiunge Piano Rosa e Cavaglio d'Agogna passando per Croce, e la SP32 della Traversagna, che dalla Valsesia porta al bel santuario di Boca.

Il giro ideale


Ho buttato giù un'idea di giro, un'ipotesi perfetta per il weekend, affrontabile in 4-6 ore a seconda del vostro livello, e a questo link Strava trovate la traccia cartografica dettagliata. 
Per comodità ho fissato la partenza a Castelletto sopra Ticino, che è a due passi da casa mia e ha una comoda uscita dell'autostrada, ma ovviamente potrete immettervi sulla traccia in qualunque punto.
Da Castelletto subito uno strappo facile, quello del Dorbiè, sulla strada vecchia che porta a Varallo Pombia passando per Cascinetta, poi un po' di relax sulla SS32, che percorriamo in discesa fino quasi a Oleggio, dove prendiamo per Mezzomerico. Da qui a Suno uno dei tratti più suggestivi, tra vigne e boschi, mentre il tratto successivo, che ci porta ad Agrate Conturbia passando per la località Cordona, è un idillio agricolo tra prati, campi, bovini ed equini che pascolano liberi. Qualche km di trasferimento, passando per Bogogno, Cressa, nuovamente Suno, Cavaglio e Cavaglietto fino a Barengo, confine tra la prima e la seconda zona che vi ho presentato.
Da qui prendiamo a destra per Fara Novarese, e iniziamo ad addentrarci nella Riserva Naturale delle Baragge, che dà il massimo con la luce dell'autunno. Oltre al paesaggio, anche la fauna potrebbe riservarci delle sorprese: volpi, faine, cicogne, poiane, tassi... sono tanti gli avvistamenti possibili. Tre strappi facili e scolliniamo in Valsesia, dove seguiamo la SP299 fino a Ghemme. Non è una strada panoramica, l'asfalto non è bellissimo e rischiamo pure di trovare traffico: potremmo continuare su questa strada fino a Grignasco, ma forse è meglio tornare nella Riserva, seguendo le indicazioni per Cavaglio d'Agogna: si sale, si scende e si torna nella valle dell'Agogna, dove restiamo fino a Fontaneto. Da qui un altro idillio agricolo, la Località Croce, poi ancora una volta tra le Baragge, che attraversiamo per la terza volta: da Cavallirio scendiamo verso Prato Sesia, di nuovo sulla SP299.
A Grignasco inizia l'ascesa più impegnativa della giornata: la Traversagna. Nulla di preoccupante, in ogni caso: 4,5 km al 3,5% di pendenza media, con solo pochi tratti oltre al 6%. Intorno a noi ancora una volte vigne e boschi, e a questo punto è il caso di elencarli, questi vini. Vespolina, Uva Rara e Croatina aggiungono al classico Nebbiolo un tocco diverso in ogni luogo di produzione. Nascono così il Ghemme, il Fara e le tante varianti denominate genericamente Colline Novaresi, senza dimenticare che a pochi km da qui c'è Gattinara, patria del rinomato Bramaterra. Per chi preferisce i sapori dolci, poi, la zona di Suno è la patria dell'Uva Fragola.
Ma abbandoniamo le vigne, e addentriamoci nel borgomanerese. Dopo lo scollinamento incontriamo in Santuario di Boca, che merita una foto, proseguiamo per Maggiora, Borgomanero e Gattico. Siamo quasi alla fine del nostro giro, ma le colline ci regalano ancora dei begli scorci, con il cascinale abbandonato di Muggiano e il nastro d'asfalto che da Oleggio Castello ci porta a Gattico costeggiando il Parco Naturale dei Lagoni di Mercurago. Da qui scendiamo verso Comignago e torniamo a Castelletto lungo via Beati, evitando così il traffico della SS33.


I numeri: poco meno di 120 km e poco più di 1000 metri di dislivello (il generatore di percorsi di Strava esagera sempre un po' in questo...). Un percorso facile e molto vario, senza grandi difficoltà ma con tanti strappi e tante salitelle tutte diverse tra loro, così come sono vari i paesaggi che incontrerete. Oltre a quelle che ho scelto, poi, potete optare per tante altre strade. Fatemi sapere quali scegliete!

giovedì 18 ottobre 2018

SestoRando 2018 - special guest Valentina Tanzi

La randonnèe della mia città, un percorso bellissimo e un'ospite davvero speciale: la Campionessa Italiana di Ultracycling Valentina Tanzi.


sabato 13 ottobre 2018

10 consigli per migliorare con la bici da strada

10 consigli facili, efficaci e alla portata di tutti gli amatori e i cicloturisti. 


lunedì 8 ottobre 2018

GF Tre Valli Varesine, ovvero: chiudere in bruttezza

Granfondo numero 14, ultima di un'annata fantastica, qualificazione per i Campionati del Mondo, sulle strade di casa: ci sarebbero tutte le permesse per chiudere la stagione agonistica in bellezza, ma io ho scelto di chiuderla in bruttezza, con una prestazione così scarsa che è quasi imbarazzante.


A dire la verità non sono le prestazioni che mi interessano, oggi: dopo due settimane al mare, senza neanche toccare la bici, non posso pretendere nulla dalle mie povere gambe, così preferisco godermi le nostre colline e i nostri laghi, oltre agli ultimi km con i tanti amici Rodman prima della pausa invernale. 


Al terzo anno la macchina organizzativa della GF varesina è rodata, ed è un piacere che in una gara che sento un po' mia (abito a 20 km da qui) le cose girino per il verso giusto. Dopo i grossi problemi del 2016,  la Tre Valli amatoriale ha fatto un salto di qualità notevole con l'ingresso nel circuito UCI Granfondo World Series, e con questa terza edizione ha ulteriormente alzato l'asticella. Perfetta la location in centro città, con un bel village, e buona la chiusura del traffico, migliorabile solo negli ultimi km, sulla salita finale. Altra nota positiva, sottolineata da molte persone con cui ho parlato, l'asfalto in ottime condizioni.

Ma veniamo alla mia strabiliante performance...


Il percorso è abbastanza veloce ma quasi senza un metro di pianura, con il lungo da 130 km e 2000m di dislivello. Piccola variante rispetto allo scorso anno il bellissimo ciottolato di Roggiano. La partenza è per categorie e a scaglioni, come sempre nelle gare UCI (il regolamento lo spiego in questo video), e come al solito parto benissimo. Per i primi 5 km sto nelle prime 30 posizioni del gruppo, poi arriva il falsopiano della Valganna ed è come prendere un muro in faccia. Gambe di legno, fiato corto e una sensazione simile a quella di un dopo sbronza di quelli pesanti.  Incredibile come in 15 giorni la forma cali a picco. Sulla salita dell'Alpe Tedesco torno vagamente in me e da lì in poi faccio una gara come tutte le altre, a parte che appena la strada sale sono piantato. Per dire, l'Alpe Tedesco la faccio in 19 minuti abbondanti, quando un paio di mesi fa, in un giro stile gita domenicale, l'ho fatta senza impegnarmi troppo in poco più di 17 minuti. Anche per tutto il resto della gara la situazione non cambia: Ardena, Montegrino, Villaggio Olandese e Brinzio li passo tutti a chiacchiere Gabriele e qualche altro avversario. Visto che le gambe non ci sono, tanto vale socializzare. Non sono affaticato né stanco, è proprio che non ne ho,in più a 15 km dall'arrivo mi cade la catena, perdo l'ottimo gruppo a cui mi ero accodato e chiudo a meno di 30 di media, con malcelata mestizia ma comunque con sorriso, dopo così tante gare, tutte portate a termine. I watt non ci sono, insomma, ma la testardaggine sì!
Ma basta parlare di chi va piano. C'è da fare i complimenti a chi va forte, e i compagni di squadra che si sono qualificati per i Campionati del Mondo Granfondo 2019 di Poznan meritano di essere nominati uno a uno: Andrea Natali (vincitore tra gli M 34/39), Fabio Scaglia, Marco Flamigni, Enrico Barotti, Pietroluigi Prina, Ivan Bersanetti, Alessandro Pacitti, Paolo Marinetti, Mirko Ziggiotti e Federico Fenoglio. A loro spetterà l'onore di difendere la maglia azzurra in terra polacca. 

venerdì 5 ottobre 2018

Tutto quello che c'è da sapere sulle UCI GFWS e sulla GF 3VV

Un video un po' "settoriale" e mirato. Vi spiego come funzionano le Granfondo UCI World Series, come ci si qualifica ai Campionati del Mondo Granfondo e com'è il percorso della GF Tre Valli Varesine.


martedì 2 ottobre 2018

Ciclisti in vacanza: Donoussa

Per una volta non parlo di bici, ma neanche un po'. Visto che anche i granfondisti ogni tanto vanno in ferie, vi racconto tutto quello che c'è da sapere su Donoussa, l'isola greca dove abbiamo trascorso un paio di settimane in totale relax, tra spiagge, gatti e ottimi ristorantini.


sabato 29 settembre 2018

Finale di stagione

Domenica prossima ultima granfondo di stagione, la gara di casa, la Tre Valli Varesine. Avete presente quando una gara la prepari proprio al meglio, con lavori specifici, alimentazione calibrata, mental-training di alto livello? Ecco, io ho fatto esattamente il contrario. Con Silvia, la mia compagna, che corre pure lei, ce ne siamo andati due settimane in ferie a Donoussa, un'isoletta greca così piccola, impervia e poco asfaltata che in bici è praticamente impossibile andarci. Così adesso ho un sacco di materiale per montare un video sulla vacanza, ma domenica in gara prenderò ancora più mazzate del solito, soprattutto perché la Tre Valli vale come prova di qualificazione per i Campionati del Mondo Granfondo UCI, e c'è gente che va forte da paura... Obiettivo, saltare sulla prima salita e fare al passeggio il resto della gara... 


Ma in fondo va bene così. Dopo 13 granfondo ho ancora voglia di correre, è vero, ma ho ancora più voglia di godermi l'autunno, quello che nella periodizzazione degli allenamenti si chiama Periodo Generale e che consiste più o meno in un paio di mesi di relax mentale, poche ore in bici, pochi allenamenti specifici e tanti giri in modalità pigra e turistica. Oh sì, non vedo l'ora di quelle domeniche uggiose di novembre, sveglia tardi, brunch, pedalata da tre orette nelle vigne novaresi e poi telefilm, tisana e caldarroste fino all'ora di cena...




Un po' tutti, se leggete i consigli dei preparatori su cosa fare tra ottobre e dicembre, dicono di dedicarsi anche ad altri sport  Mountain-bike, corsa, sci di fondo, palestra... E così pure io mi sono fatto convincere, e quest'anno mi sono comprato una bici da gravel. Ci pensavo da un bel po', ma ci ho messo un paio d'anni prima di vincere la mia marcata tendenza ossessiva, che se fosse per me farei sempre e solo strada, sempre e solo seguendo dettagliate tabelle di allenamento. Ma le parole d'ordine della parte meno patologica della mia mente sono tre: variare, variare, variare. E allora buttiamoci sulla gravel! Esplorazione, relax, strade nuove e tanti posti da scoprire. È proprio con in testa l'idea di variare che ho scelto la Giant Toughroad SLR GX2 come compagna di avventura. Tra le gravel sul mercato è una delle più turistiche, una delle più lontane, come geometria e filosofia, dalle bici da strada come quella con cui corro, iperreattiva, leggera e performance-oriented. Telaio in alluminio, carro posteriore lungo lungo, possibilità di montare portapacchi (per viaggiare, ma anche per recuperare le castagne per le caldarroste!); anche nella scelta dell'allestimento ho cercato di differenziare il più possibile dalla mia bici, e ho scelto l'allestimento base, con un montaggio FSA Adventure - Shimano Sora 9X. Dovrò aspettarla ancora qualche settimana, ma poi sarà un tripudio di strade bianche, boschi, campi e prati, tutto documentato con qualche video brutto come al solito.



Ma se sei un granfondista, non puoi nasconderti... Mentre ti godi l'autunno, mentre lasci andare la tensione, un angolino della tua mente pensa sempre alle corse, al calendario della nuova stagione, agli obiettivi grandi o piccoli che ti poni, a cosa mantenere e a cosa cambiare nei tuoi allenamenti. Ci si iscrive alle prime gare e ai circuiti, si va dal biomeccanico e a fare la visita sportiva, e ci sono anche le nuove maglie, con nuovi sponsor e nuovi colori. Rodman è già avanti su questo fronte: livrea decisa e completo invernale 2019 praticamente pronto, tutto all'insegna delle... sfumature!


martedì 25 settembre 2018

Granfondo life: GF Torino

Com'è la giornata di un granfondista? Ve la racconto in 5 minuti, come sempre con le mie pessime qualità di videomaker. E vi dico anche due parole sul mio team, la Rodman Azimut Squadra Corse.


Varese cycling: Brinzio e Duno

Questa volta si va nel varesotto: Brinzio e Duno. 


Lago Maggiore cycling: Calogna e Comnago

Secondo video, un po' meglio del primo. Due classiche salite del Vergante. 


I 9 motivi per cui ho comprato una bici da gravel

Primo video, molto brutto. Bassa definizione, pessimo audio, tempi sbagliati. Ottimo direi! 😂


Work in progress


Sono uno che in bici, soprattutto, si diverte. Corro, mi alleno, faccio tante foto e ultimamente anche qualche video. Mi piace condividere quel poco che imparo e magari far conoscere un po' il mio territorio. A una certa mi sono detto: forse ci vuole un contenitore per tutto il materiale che ho in giro, oltre ad Instagram, Strava, YouTube e al profilo personale Facebook, così sto "lavorando" a una pagina FB e già che c'ero a questo blog, dove ripostare qualche contenuto e postare qualche riflessione. Per ora ho caricato i vecchi video  che potete vedere direttamente dalla home page.