Questo post avrei voluto scriverlo un mesetto fa, alla fine del lockdown. Avrei voluto raccontarvi quanto è stato bello tornare a pedalare col vento in faccia dopo 55 giorni coi rulli al posto dell'asfalto e il ventilatore al posto della brezza primaverile, ma sinceramente non ce l'ho fatta. Se da una parte gioire in un momento così tragico mi sembrava fuori luogo, dall'altra ho preferito godermi il lento ritorno alla normalità senza perdere tempo. E non parlo solo di bici, dato che per oltre tre mesi non ho potuto vedere i miei genitori, i miei fratelli e molti amici, tutti residenti al di là del confine regionale.
Poi finalmente le cose sono migliorate, i confini sono stati riaperti e ho ricominciato a pedalare: non solo per il piacere di sentirmi libero, per riscoprire i luoghi che amo e per andare a caccia di nuovi panorami ma anche, forse soprattutto, per continuare sulla strada intrapresa, e arrivare pronto alle gare che mi aspettano. Sul fronte agonistico, infatti, sono arrivate buone notizie: se il ciclismo "classico" non riprenderà fino al primo agosto, l'ultracycling non ha bisogno di aspettare, visto che le lunghe cronometro individuali, con tanto di divieto di scia, sembrano fatte apposta per soddisfare le nuove regole sul distanziamento sociale. La Dolomitica 380 è stata confermata per il primo weekend di luglio, e di conseguenza ogni mio sforzo è andato in quella direzione. Anche perché non si tratta esattamente di una passeggiata: tra le gare che avevo in programma è di gran lunga la più dura, con un Everest abbondante da scalare e parecchie ore di buio da affrontare.
Dal punto di vista dell'allenamento, a poco più di due settimane dal via, devo dire che non avrei potuto fare di più, e che sono davvero felice dei passi avanti di quest'anno. Al di là dei numeri, che comunque sono i migliori di sempre per me, sono le sensazioni ad essere ottime. Mi sono testato su alcuni lunghi con parecchio dislivello e meglio non potrebbe andare: trovarsi gasato, fresco e con tanta voglia di continuare ad allenarsi dopo 15 ore in sella è qualcosa di difficile da spiegare, ma bellissimo da vivere. Certo, rispetto a tanti ultracycler che seguo sono indietro anni luce, ma il segreto per vivere bene lo sport è darsi degli obiettivi raggiungibili: mi accontenterei di tagliare il traguardo di Sarmede, non importa a quante ore dal primo classificato.
Dopo il timore della notte, questo weekend ho superato anche lo scoglio della privazione del sonno: venerdì sera sono uscito in bici alle dieci di sera e sono rientrato alle 4 del pomeriggio. 15 ore di allenamento (pause escluse) e 30 ore senza dormire: anche in questo caso sensazioni bellissime e difficili da spiegare.
Non ho nient'altro da raccontare. Non ho frasi ad effetto come altre volte, non ho riflessioni profonde da condividere. Ho solo voglia di scoprire dove mi porterà le bici.
Poi finalmente le cose sono migliorate, i confini sono stati riaperti e ho ricominciato a pedalare: non solo per il piacere di sentirmi libero, per riscoprire i luoghi che amo e per andare a caccia di nuovi panorami ma anche, forse soprattutto, per continuare sulla strada intrapresa, e arrivare pronto alle gare che mi aspettano. Sul fronte agonistico, infatti, sono arrivate buone notizie: se il ciclismo "classico" non riprenderà fino al primo agosto, l'ultracycling non ha bisogno di aspettare, visto che le lunghe cronometro individuali, con tanto di divieto di scia, sembrano fatte apposta per soddisfare le nuove regole sul distanziamento sociale. La Dolomitica 380 è stata confermata per il primo weekend di luglio, e di conseguenza ogni mio sforzo è andato in quella direzione. Anche perché non si tratta esattamente di una passeggiata: tra le gare che avevo in programma è di gran lunga la più dura, con un Everest abbondante da scalare e parecchie ore di buio da affrontare.
Dal punto di vista dell'allenamento, a poco più di due settimane dal via, devo dire che non avrei potuto fare di più, e che sono davvero felice dei passi avanti di quest'anno. Al di là dei numeri, che comunque sono i migliori di sempre per me, sono le sensazioni ad essere ottime. Mi sono testato su alcuni lunghi con parecchio dislivello e meglio non potrebbe andare: trovarsi gasato, fresco e con tanta voglia di continuare ad allenarsi dopo 15 ore in sella è qualcosa di difficile da spiegare, ma bellissimo da vivere. Certo, rispetto a tanti ultracycler che seguo sono indietro anni luce, ma il segreto per vivere bene lo sport è darsi degli obiettivi raggiungibili: mi accontenterei di tagliare il traguardo di Sarmede, non importa a quante ore dal primo classificato.
Dopo il timore della notte, questo weekend ho superato anche lo scoglio della privazione del sonno: venerdì sera sono uscito in bici alle dieci di sera e sono rientrato alle 4 del pomeriggio. 15 ore di allenamento (pause escluse) e 30 ore senza dormire: anche in questo caso sensazioni bellissime e difficili da spiegare.
Non ho nient'altro da raccontare. Non ho frasi ad effetto come altre volte, non ho riflessioni profonde da condividere. Ho solo voglia di scoprire dove mi porterà le bici.
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