Ogni tanto, tra i commenti ai post che l'algoritmo di Facebook mi propone, saltano fuori le perle di saggezza dei ciclo-presi-male. Sono una categoria molto attiva, e sono sempre pronti a pontificare: il ciclismo vero è quello di una volta, contano le gambe, chi si allena col misuratore non sa divertirsi, io Strava non ce l'ho e chi lo usa è uno sfigato. Ma ce la fate, gente? Al di là del fatto che ognuno è libero di fare quel che vuole senza sentirsi giudicato da una mandria di pettegoli, io mica ho nulla da dire contro chi monta pedali flat su una bici in acciaio e non ha manco il computerino anni '90 col filo; anche se sono uno che si allena col misuratore, passa le ore su Strava e del ciclismo di una volta gliene frega relativamente poco. Viva la libertà, viva lo scambio, viva il confronto costruttivo, perché da chi è diverso si può sempre imparare. O almeno così la penso io.
Su una cosa, però, sono intransigente, perché credo che esista uno strumento tecnologico che ogni ciclista potrebbe apprezzare, che ad ogni pedalatore potrebbe tornare utile, che per tutti, ma proprio tutti, sia una gran figata: la Heatmap. Per chi non la conoscesse, si tratta una delle funzioni di Strava Summit, che permette di visualizzare tutti i percorsi su cui avete pedalato, evidenziando con sfumature diverse, dall'azzurro al rosso, le strade che battete di più.
Messa così non sembra nulla di che, ma provate a ragionare al contrario: tutte le strade grige, tutte le strade non evidenziate, sono strade ancora da scoprire. Salite, discese, lunghi rettilinei in mezzo alla pianura: ogni volta che apro la mia Heatmap mi perdo in quel dedalo di percorsi possibili, e scalpito dalla voglia di rimettermi in bici. Perché intorno a quelle strade e a quei sentieri ci sono prati e boschi, paesi e montagne che non ho mai visto, e il desiderio di scoprirli, la voglia di calcare con le mie ruote quell'asfalto o quella ghiaia è irresistibile.
In quest'autunno umidiccio mi sono ritrovato tante volte a pedalare tra colline mai viste e risaie inedite, e quasi ogni giorno finisco per avere due schede aperte, sullo smartphone: una con la Heatmap, l'altra col generatore di percorsi. Un angolo di Monferrato, una straduzza nel biellese, tutta quella pianura in Lomellina ancora grigie sono uno sprone che la mia anima da gattaccio randagio non può ignorare. E allora traccio giri ipotetici, mi invento qualche scorciatoia e un mare di deviazioni, e non vedo l'ora che arrivi il weekend, per ritrovarmi immerso in quei paesaggi, ad ammirare dei panorami che, davanti all'app, potevo solo immaginare.
PS: volete fare un giro sul blog di un altro fissato con le Heatmap, che fa dei giri da paura e distribuisce pure kudos gratuitamente? Seguite Il Pippy, non solo sul blog, ma pure su Strava e Instagram!
Su una cosa, però, sono intransigente, perché credo che esista uno strumento tecnologico che ogni ciclista potrebbe apprezzare, che ad ogni pedalatore potrebbe tornare utile, che per tutti, ma proprio tutti, sia una gran figata: la Heatmap. Per chi non la conoscesse, si tratta una delle funzioni di Strava Summit, che permette di visualizzare tutti i percorsi su cui avete pedalato, evidenziando con sfumature diverse, dall'azzurro al rosso, le strade che battete di più.
Messa così non sembra nulla di che, ma provate a ragionare al contrario: tutte le strade grige, tutte le strade non evidenziate, sono strade ancora da scoprire. Salite, discese, lunghi rettilinei in mezzo alla pianura: ogni volta che apro la mia Heatmap mi perdo in quel dedalo di percorsi possibili, e scalpito dalla voglia di rimettermi in bici. Perché intorno a quelle strade e a quei sentieri ci sono prati e boschi, paesi e montagne che non ho mai visto, e il desiderio di scoprirli, la voglia di calcare con le mie ruote quell'asfalto o quella ghiaia è irresistibile.
In quest'autunno umidiccio mi sono ritrovato tante volte a pedalare tra colline mai viste e risaie inedite, e quasi ogni giorno finisco per avere due schede aperte, sullo smartphone: una con la Heatmap, l'altra col generatore di percorsi. Un angolo di Monferrato, una straduzza nel biellese, tutta quella pianura in Lomellina ancora grigie sono uno sprone che la mia anima da gattaccio randagio non può ignorare. E allora traccio giri ipotetici, mi invento qualche scorciatoia e un mare di deviazioni, e non vedo l'ora che arrivi il weekend, per ritrovarmi immerso in quei paesaggi, ad ammirare dei panorami che, davanti all'app, potevo solo immaginare.
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