domenica 12 luglio 2020

Finalmente ultra - La Dolomitica 380


Le cose che si fanno attendere per tanto tempo hanno un sapore speciale, quando riesci a raggiungerle. Nel 2015, quando avevo appena ripreso ad andare in bici e non avevo ancora partecipato nemmeno a una cicloturistica, avevo scoperto che esistevano gare lunghe, lunghissime, in cui la testa conta forse più delle gambe. Gare che diventano viaggi spirituali, che ti fanno superare i tuoi limiti. Parole usate ed abusate, queste, ma le sensazioni che mi evocava la Race Across Italy di quell'anno, mentre la seguivo in diretta sul PC, giorno e notte, per me erano qualcosa di nuovo, di elettrizzante. Istintivamente sapevo che quella era la mia strada. Non era l'epicità dell'impresa ad attirarmi, non era l'idea di fare qualcosa di speciale: era un bisogno fisico, primordiale e del tutto irrazionale che, ancora oggi, non sono in grado di descrivere. 
Il lavoro era tanto, in quegli anni, il tempo libero poco, così ho pensato di ripiegare sulle granfondo, per qualche tempo, e di farmi un po' le gambe con le classiche gare amatoriali. Poi è arrivato l'anno scorso, io e Silvia abbiamo cambiato vita, e mi sono messo immediatamente all'opera non per realizzare un sogno, perché non sono un sognatore, ma per soddisfare quello che, per me, era un bisogno primario. 
Lo scorso week-end è arrivato il grande giorno: alla partenza della Dolomitica 380 ero emozionato, certo, ma non teso, perché mi sentivo al mio posto, mi sentivo me stesso come non mai. Sapevo che ritmo mantenere, avevo pianificato le pause, l'alimentazione, l'abbigliamento, le luci da usare in salita e in discesa, così gli 11 passi dolomitici si sono succeduti uno dopo l'altro, i km si sono accumulati fino a quota 395, fino all'arrivo.
Non avevo pianificato tutto, però: l'alba sul Fedaia, l'azzurro abbagliante del Lago di Barcis, l'atmosfera bellissima tra noi partecipanti, con i team degli atleti supported che ti offrono una Coca-Cola e tutti che ti chiedono come va, se hai bisogno qualcosa. Non avevo previsto di partire per ultimo e di recuperare posizioni su posizioni, fino al quinto posto assoluto. Non avevo previsto di sfiorare il podio tra i self-supported, e di chiudere la gara in 20 ore e 25 minuti.
Non è stata solo una gara, questa: per me è stato un rito di passaggio. Non sono più quello di prima, dopo aver scalato quelle montagne, perché esperienze come questa ti cambiano: tirano fuori dei lati nascosti della tua mente, scavano in profondità nel tuo subconscio. Riportano a galla istinti sopiti e ancestrali, sensazioni dimenticate: tutte cose di cui, non so voi, ma io ho un bisogno assoluto. Tutte cose di cui non posso più fare a meno.