venerdì 30 agosto 2019

Si può fare!!!

Il mio percorso estivo verso le ultra-distanze continua, e negli ultimi weekend ho fatto due passi importanti. Prima cosa, la notte: pedalare col buio, magari da solo, e lontano dai centri abitati, è una cosa mi intimoriva parecchio, ma lo scorso weekend ho fatto un bel respiro, mi sono preparato un caffè alle 11 di sera e sono salito in bici, ovviamente con una miriade di luci e catarifrangenti. L'esperienza è stata meno drammatica del previsto: è strano e un po' inquietante ritrovarsi in su una stradina buia, immersi nel silenzio, ma l'oscurità e la solitudine sono ottimi alleati, perché le macchine si vedono e si sentono con molto più anticipo. E poi la gente, quando ti vede illuminato come un albero di Natale che pedali tra le colline novaresi, rallenta, non fosse altro per farsi quattro risate.
Il secondo step è stato più impegnativo. La terza sfida di Assault To Freedom (The Real Assault) è una cosa del tutto diversa da quelle che avevo provato finora: passare minimo di 24 ore in sella su un massimo di 36. Non solo un giro molto lungo, quindi, ma un tipo di performance che richiede di pianificare attentamente il percorso, l'alimentazione e i tempi di recupero. E poi c'è il sonno, che da gestire non è semplice.
Salgo in bici sabato mattina alle 6, ripetendomi il solito mantra: "Se riesco bene, se non riesco bene lo stesso, avrò fatto comunque un gran bel giro". Il primo giorno lo passo tutto tra le salite del Vergante e le pianure novaresi, tra le colline biellesi e le risaie vercellesi. Non mi faccio mancare la classica pausa pranzo con patate e pollo allo spiedo, e torno a casa alle 22:30, con più di 14 ore pedalate e 351 km nelle gambe. Dormo 5 ore, e l'indomani sono in bici molto prima dell'alba, pronto ad affrontare le salite del varesotto e le colline del comasco. Le gambe vanno abbastanza bene, e le prime ore passano senza traumi. Poi inizia a fare caldo, e tra Cantello e Appiano Gentile fatico un po' a mantenere la lucidità. Mi riprendo grazie a un paio di soste extra, con gelato, spremuta d'arancia e tanta tanta acqua. Ormai mi manca poco più di un'ora per concludere la sfida, ma sono solo le 15, e ho tre ore a disposizione. Guardo il Garmin, faccio due conti e in tempo zero mi invento un obiettivo ancora più folle: continuare e cercare di chiudere le 36 ore con 600 km.
Aumento il ritmo e sulle ultime colline tengo i 27 e mezzo di media. Arrivo a casa provato come non sono mai stato, ma con all'attivo 604 km e quasi 7200 metri di dislivello in 25 ore e passa.
La sfida è conclusa, ce l'ho fatta alla grande e soprattutto, per un giorno e mezzo, la bici mi ha dato sensazioni bellissime. Era questo il mio più grande dubbio: perché un conto è riuscire a portare a termine un'impresa, un altro è godersela. Ecco, ho scoperto che questo tipo di ciclismo mi piace, che fa per me, che mi viene bene. Tutto ciò mi apre un sacco di possibilità per la prossima stagione, perché ridendo e scherzando mi sono sciroppato, a livello di tempo, distanza e dislivello, più o meno tre quarti di Race Across Italy. E se difficilmente mi butterò su una gara così importante già nel 2020, qualche altro evento su distanze ultra potrei anche pensare di affrontarlo. Insomma... Si può fare!!!